Quanta pensione si prende con 35 anni di contributi. Quello che bisogna conoscere per avere un’idea più chiara.
Dopo 35 anni di attività lavorativa è possibile pensare alla pensione, ma come? Per la pensione di vecchiaia gli anni di contributi minimi sono venti e l’età anagrafica è di 67 anni, almeno attualmente. L’attuale sistema di conteggio dell’assegno pensionistico è basato sul metodo contributivo introdotto negli anni 90 ed esteso con la riforma Fornero.
Oggi le pensioni sono calcolate con il metodo contributivo per i contributi versati a partire dal 1° gennaio 1996. O dal 1° gennaio 2012 per coloro che alla data del 31 dicembre 1995 avevano già almeno 18 anni di contributi.
Con il contributivo è necessario avere uno stipendio consistente per la durata della propria attività lavorativa per garantirsi un trattamento previdenziale decente, oltre a contare tantissimo anche l’età in cui si va in pensione. Il sistema contributivo usa infatti un coefficiente di trasformazione (che cresce con l’aumento dell’età con cui si termina il lavoro) per calcolare come retribuzione e anni di lavoro si trasformano in pensione.
Quindi di per sé gli anni complessivi di lavoro non determinano un assegno pensionistico elevato. Per l’ammontare complessivo dei contributi versati, infatti, è di fondamentale importanza il montante contributivo. Ma centrale è l’importo della retribuzione avuta. In pratica a salari alti corrispondono molti contributi, mentre con stipendi bassi la contribuzione è minima.
Durante il lavoro, i contributi versati formano il montante contributivo, che diventa pensione mediante l’applicazione del coefficiente di trasformazione. I coefficienti diventano più vantaggiosi quando si ritarda la pensione e si allunga la carriera lavorativa. A 62 anni, ad esempio, è 4,882%. A 67 anni equivale a 5,723%. E a 70 anni, infine, è pari al 6,395%.
Dunque 35 anni di lavoro non garantiscono una pensione elevata. Se lo stipendio è ridotto, anche soltanto durante i primi anni di lavoro, sicuramente la pensione sarà bassa. Facciamo un esempio: un lavoratore con 10 anni di lavoro a 1.000 euro al mese versa di contributi circa 4.300 euro all’anno che dopo un decennio sono 43 mila.
Nei 10 anni seguenti la busta paga tocca i 2mila euro mensili. Quindi, altri 88 mila euro da aggiungere al montante contributivo. Infine gli ultimi anni di lavoro guadagna 2.500 euro al mese che corrispondono a 160mila euro di contributi in più nel montante. Con la rivalutazione dopo 35 anni di lavoro i contributi complessivi sono circa 300mila.
Finendo il lavoro a 67 anni per la pensione di vecchiaia, si considera il coefficiente di 5,723% che applicato al montante dà un reddito annuale di 17.169 euro. Questo importo significa un assegno pensionistico di circa 1.300 euro al mese. Molto di meno della retribuzione degli ultimi anni di lavoro, con una forte diminuzione della disponibilità monetaria e del tenore di vita.
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