Rivoluzione social, arriva una nuova legge per dire stop ai baby influencer: cambieranno anche i guadagni dei genitori.
È evidente a tutti che il mondo dei social network è cambiato in poco tempo. Già a guardarci indietro di qualche anno, dal periodo pandemico a ora, le cose sono cambiate drasticamente. Sempre più creators invadono la piattaforma di TikTok, ma non solo, i social più che punto di aggregazione sono diventati un’enorme e indistinta bolla pubblicitaria, dove ognuno vuole vendere il proprio prodotto o la propria versione dei fatti.
A tutto ciò si aggiunge la lunga lista di influencers che hanno iniziato a sovraesporre i propri figli sui social per pubblicizzare prodotti o esperienze da poter far fare anche ai coetanei. Insomma, è brutto dirlo, ma tanti genitori si sono accorti di poter monetizzare anche grazie all’esposizione (apparentemente innocente) dei propri figli sui social. Il bambino attira pubblico, i followers aumentano ed incrementano anche le collaborazioni pubblicitarie, facendo diventare il piccolo primo strumento di reddito.
In Italia si è deciso di regolamentare tutti questi aspetti che fino ad oggi sono stati troppo trascurati, permettendo a tante famiglie ingenti guadagni sulla pelle dei loro bambini che vengono catapultati già da piccolissimi su queste piattaforme, ignari dei danni.
Così, dopo la Francia, a breve anche in Italia potrebbe arrivare una stretta sui cosiddetti baby influencer. A Palazzo Madama, la senatrice di Fdi Lavinia Mennuni ha presentato un ddl che titola “Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale” e un testo analogo è stato depositato alla Camera dalla dem Marianna Madia. Innanzitutto sulla bozza si possono trovare diversi articoli per la verifica dell’età dell’utente.
L’articolo 5 invece si rivolge a tutti quei casi in cui bambini che sin dall’età di 2 3 anni vengono utilizzati per la promozione di prodotti e servizi attraverso i social network. Si legge che: “Quando le entrate dirette e indirette derivanti dalla diffusione dei contenuti” superano 12mila euro all’anno, tutto quello che si percepisce all’infuori di tale cifra “sono somme versate su un conto corrente intestato al minore protagonista dei contenuti. E non possono essere utilizzate in nessun caso da chi esercita la responsabilità genitoriale sul minore […] previa autorizzazione della competente autorità giudiziaria minorile”.
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